La
notizia ha fatto un certo scalpore anche nel mondo abituato a giustificare
sempre la globalizzazione.
In Germania negli stabilimenti Amazon dove
si smistano le merci per la vendita on line, migliaia di
lavoratrici e lavoratori migranti, costretti a vergognose condizioni di
sfruttamento, venivano sorvegliati da guardie giurate di una
associazione neonazista.
È
proprio questo aspetto che ha sollevato lo scandalo, sorveglianti
neonazisti in Germania, via è sembrato un po’ troppo. Qualche
manager desideroso di
strafare è stato un po’ troppo precipitoso. Sarebbe
bastato che si fosse rivolto a qualche più neutra agenzia di sorveglianza e lo
scandalo non ci sarebbe stato. Perché nel mondo del capitalismo globalizzato
si lavora così in tanti posti e, questa semmai è la
novità, anche nella Europa più ricca.
Ovunque si sono diffuse imprese dove le condizioni di chi lavora
sono di sostanziale
schiavitù.
Naomi Klein già
più di dieci anni fa descriveva le condizioni carcerarie di grandi centri
manufatturieri dell’Asia, ove si produce anonimamente quasi tutto ciò a cui le
multinazionali possono poi aggiungere i propri marchi, rastrellando così i
propri ingenti profitti.
Le
recenti vicende della Foxconn in Cina, ove la prima reazione degli
operai alle condizioni di lavoro imposte per produrre per conto della Apple sono
stati i suicidi, sono solo un tenue squarcio in un velo globale.
Le maquilladoras sono insediamenti industriali nel
Messico a ridosso degli Stati Uniti, ove imprese nord americane possono operare
a condizioni di sfruttamento più libere che oltre confine. D’altra parte più di
venti anni fa il sindacato AFL CIO denunciava già il diffondersi a New York di
quelle che venivano chiamate “sweat shops”, officine del
sudore. Si sa gli Usa anticipano.
Si
crede davvero che questo sistema di sfruttamento mondiale si regga solo sul
consenso o magari anche solo sulla pura passività di chi lo subisce?
Davvero si pensa che gli operai assunti dalla Fiat in
Serbia per 12 ore al giorno di catena di montaggio a meno di 400 euro al mese,
passino il poco tempo rimasto a ringraziare Marchionne? E che la raccolta degli
agrumi da noi veda i migranti stanchi ma rassegnati? E se qualcuno, come ai
magazzini dellaIkea a Piacenza non ci sta ? Perché ogni
persona oppressa, anche la più rassegnata, prima o poi pensa alla ribellione.
Così la prevenzione e la repressione dei comportamenti ribelli
diventano anche un business. Una attività secondaria delle mafie che mettono a
disposizione i loro caporali nei casi meno sofisticati. Un modo per dare uno
sbocco al mercenariato neonazista, in quelli più sfacciati e stupidi. Una
impresa raffinata quando la sorveglianza dei lavoratori viene
affidata alle agenzie di investigazione e magari anche alle indagini di
psicologi preparati ad hoc.
Esagerazioni? Ma se dilaga la pubblicità di imprese che vantano di
poter fornire tutto ciò che serve per controllare le assenze del lavoratore e quanto
altro sia necessario conoscere. E i colloqui per le assunzioni spesso diventano
sottili interrogatori con domande preparate da strutture specializzate.
Domande che servono a far capire se il nuovo assunto sarà fedele o ribelle.
Ovunque nei luoghi della
produzione si diffonde un sistema autoritario e oppressivo. Può
essere più sottile o più brutale a seconda delle mansioni o della nazionalità
dei lavoratori. Non ci sono ovunque sorveglianti neonazisti, ma il fascismo
aziendale dilaga, perché questo reclama il capitalismo globalizzato per la
condizione di lavoro.
Anche qui esagerazioni? Ma
proprio ieri la commissione economica dell’ OCSE ha raccomandato all’Italia di
rendere ancor più facile il licenziamento per riprendere a crescere.
E le
politiche di austerità e rigore non stanno forse cancellando ciò che resta di
contratti e di diritti del lavoro qui da noi e in tutta Europa? E
nel paese cavia di esse, la Grecia, chi si è salvato dalla disoccupazione di
massa non produce ora a condizioni che tempo fa avremmo definito da terzo
mondo? E la Grecia, come l’Italia sta aumentando le esportazioni mentre
l’economia complessiva regredisce. Si lavora negli spazi e alle condizioni che
i poteri del mercato globale hanno deciso di assegnare.
Non si piangano lacrime da coccodrillo, ci si risparmi la solita
dose di ipocrisia. Questo capitalismo globale vuole la schiavitù del lavoro e,
come ci ricorda Quentin Tarantino nel suo bel film Django,
non c’è schiavitù senza negrieri. Qualche capetto della Amazon in Germania deve
aver pensato che in fondo quelli neonazisti sono più motivati di altri.
Non c’è futuro democratico e civile se non si mette fine al dominio
del capitalismo globalizzato.
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